Massimo Bassano lavora come fotogiornalista freelance dal 1990 e ha pubblicato su Io Donna, Il Venerdì, Gulliver, Gente Viaggi, Runner’s World, Ciclismo, GEO Italy, GEO Germany, MAX, National Geographic Traveler e National Geographic on-line.



I) Introduzione.
Il primo gennaio 2004 è entrato in vigore il Testo unico per la protezione dei dati personali Dlgs n. 196/2003 che sostituisce la legge sulla privacy n. 675/96, integrandone lacune e mancanze. Fermo restando l’alto valore umano e civile della normativa, che mette il cittadino in condizione di difendere l’intimità della sua vita dalle intrusioni arbitrarie di fotogiornalisti curiosi, l’entrata in vigore della legge sulla privacy ha spesso generato fraintendimenti. Alcuni al limite della comicità, come la presa di posizione del Procuratore Agostino Cordova che, in occasione di una conferenza stampa da lui stesso convocata per dare notizia su ricerca di latitanti, si è rifiutato di mostrare le foto dei latitanti medesimi perché la legge sulla privacy lo impediva.
Le difficili interpretazioni della normativa hanno spinto, a distanza di alcuni anni dall’entrata in vigore della legge sulla privacy, i rappresentanti dell’Ordine dei Giornalisti a incontrare quelli dell’Autorità garante della privacy, Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello, Mauro Paissan e Giovanni Buttarelli. L’incontro è stata l’occasione per decidere la costituzione di un gruppo di lavoro che avrà il compito di elaborare testi e documenti utili per dare un concreto contributo al lavoro di chi opera nel mondo dell’informazione.
In occasione dell’incontro, il segretario nazionale dell’Ordine, Vittorio Roidi, ha affermato: “In questi anni l’attività giornalistica è diventata più difficile e incontra sempre maggiori ostacoli. Si tratta ora di giungere ad una interpretazione delle norme sulla privacy, ad esempio nel campo della cronaca giudiziaria, delle notizie sull’infanzia e, in genere, nell’utilizzazione delle fotografie e dei filmati.
Mi auguro che il gruppo di studio formato con il Garante metta l’Ordine nazionale in condizione di aiutare i colleghi nello svolgimento della loro attività. Aumenta la sensibilità per la correttezza dei giornalisti e appare contemporaneamente necessario che ai cittadini giunga un’informazione libera e completa”.
Che sulla materia servissero approfondimenti e chiarimenti, in grado di spazzare via il clima di
incertezze e timori, era stato caldeggiato anche dal Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell’immagine visuale (Gsgiv), dell’Associazione lombarda dei giornalisti. Il Gsgiv afferma che la legge sulla privacy ha spesso avuto come risultato quello di incentivare il ricorso a drastiche autocensure preventive, per affrancarsi dal rischio di possibili sanzioni e pene, ponendo in secondo piano il sacrosanto diritto dei cittadini ad una informazione libera e completa. Andiamo a scoprire a che punto è il binomio fotogiornalismo e privacy.

II) La fotografia fa informazione, la fotografia è giornalismo.
Inoltriamoci nell’argomento ricordando l’intervento del Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, Dott. Franco Abruzzo, alla Convention sui Fotografi professionisti di Orvieto: “Quando si consideri che l’essenza del giornalismo come professione è proprio il comunicare in modo obiettivo un fatto, ci si rende conto appieno del perché si possa sostenere che l’opera del fotografo realizzi una vera e propria attività giornalistica”. Dello stesso taglio l’intervento di Luisella Nicosia, avvocato dell’Ordine Lombardo: “…quanto del tema più specifico della tutela che deve essere garantita al fotografo giornalista o, come è ormai consueto affermare, al giornalista-fotografo, poiché fare informazione per immagini equivale a fare informazione scritta o parlata e significa, in ogni caso, fare informazione tout court”.

III) La fotografia è un “dato personale”.
Il professor Ugo De Siervo, componente dell’Ufficio del Garante della privacy in data 9/09/97 ha sentenziato: “…l’entrata in vigore della legge n. 675/1996, che esplicitamente qualifica come dato personale qualsiasi informazione che consenta di identificare un soggetto, quindi anche le fotografie”. Una sentenza del Trib. di Bolzano del 18/03/98 chiarisce ancora meglio: “Integra il reato di diffamazione, la pubblicazione di notizie pur vere sulla salute di un soggetto (nei casi di specie: tossicodipendenza e sieropositività) nonché la pubblicazione della sua fotografia in quanto si tratta di dati personali e attinenti alla sfera della riservatezza rispetto ai quali difettano i requisiti scriminanti sia dell’interesse pubblico che della continenza”.
Teorema: Se l’immagine fotografica è dato personale, è sicuramente soggetta alle stesse regole imposte dal Testo unico in materia di protezione dei dati personali, Dlgs n. 196/2003.
È chiaro che le fotografie sono un dato personale particolarmente sensibile in quanto rendono un soggetto immediatamente riconoscibile. Una recente sentenza del Trib. di Biella del 29/03/2003 n.24 afferma: “La pubblicazione di una fotografia integra gli estremi del trattamento dei dati personali di cui alla legge 675/96 ed è quindi sottoposta agli obblighi e ai limiti dalla normativa. Il trattamento ai fini giornalistici deve rispettare i limiti connessi al diritto di cronaca, all’essenzialità della notizia e all’interesse pubblico. Inoltre, per quanto riguarda i fatti accaduti in pubblico, non ha rilevanza il carattere del luogo in cui i fatti si sono verificati, ma la volontà esplicita o implicita dell’interessato a renderli noti”. In questo dibattimento, il Giudice unico Carli nella motivazione della sentenza ha scritto:
“Anche la riproduzione fotografica pubblicata, in quanto contenente informazioni relative a un soggetto identificabile, deve considerarsi dato personale. È del tutto irrilevante che il giornale non abbia riportato altre informazioni relative all’attore in quanto la foto rappresenta un dato personale a sé stante”.

IV) Quale fotogiornalista?
Ripartendo dal paragrafo II, diversi fotogiornalisti, non iscritti all’Ordine dei Giornalisti, si sentiranno chiamati fuori. È’ utile allora ricordare la sentenza della Cassazione Civile, Sezione Lavoro, n. 5370 del 01.06.98 secondo cui: “può qualificarsi come giornalistica l’opera svolta in favore di quotidiani e periodici, di agenzie di informazioni o di emittenti televisive consistente nella raccolta, elaborazione o commento della notizia destinata a formare oggetto di comunicazione di massa”. “Tale opera – precisa ancora la Cassazione – si distingue da quelle collaterali o ausiliari per la creatività, ossia per la presenza, nella manifestazione del pensiero, finalizzata all’informazione, di un apporto soggettivo e inventivo, secondo i criteri desumibili anche dall’articolo 2575 del codice civile”.
Per fugare ogni dubbio su quale fotogiornalista è tenuto a osservare la privacy del fotografato va ricordato che come era previsto dall’articolo 25 della vecchia legge n. 675/1996, secondo il quale il trattamento dei dati personali nell’esercizio della professione giornalistica deve essere fatto sulla base di un apposito codice di deontologia, l’Ordine dei Giornalisti, in data 29/07/1998, ha emanato il Codice di deontologia della privacy. Il suddetto codice, all’art.13, precisa che: Le presenti norme si applicano ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti e a chiunque altro, anche occasionalmente, eserciti attività pubblicistica.
Chi esercita attività pubblicistica? Cioé pubblica? In pratica tutti coloro che si avvalgono del diritto di manifestazione del pensiero (art. 21 della Costituzione e art. 10 della legge n. 848/1955 sulla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali). ”Il Codice – ha scritto il professor Stefano Rodotà, presidente dell’Ufficio del Garante – è una norma dell’ordinamento giuridico generale, e ad essa devono adeguarsi tutti coloro che esercitino funzioni informative mediante mezzi di comunicazione di massa”. Il concetto è ripreso anche dal nuovo Dlgs. 196/2003, di cui all’art.136 enuncia: le disposizioni del presente titolo si applicano al trattamento: a) effettuato nell’esercizio della professione di giornalista e per l’esclusivo perseguimento delle relative finalità; b) effettuato dai soggetti iscritti nell’elenco dei pubblicisti o nel registro dei praticanti; c) temporaneo finalizzato esclusivamente alla pubblicazione o diffusione occasionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero anche nell’espressione artistica.
Nal caso sussistano ancora piccoli dubbi, il Garante nella sua newsletter 40/2000, in seguito all’esposto di un noto personaggio, ha dichiarato: “Anche il fotografo non professionista è tenuto a dichiarare la propria identità e ad informare l’interessato sull’utilizzo che intende fare dei suoi dati personali o delle immagini che lo riguardano. Il fotografo non può ricorrere ad artifici o pressioni indebite”.
A conferma di ciò il Codice di deontologia all’art. 2 afferma: Il giornalista che raccoglie notizie…omissis…rende note la propria identità, la propria professione e le finalità della raccolta, salvo che ciò comporti rischi per la sua incolumità o renda altrimenti impossibile l’esercizio della funzione informativa; evita artifici e pressioni indebite.
A questo punto è fuor di dubbio che tutti i fotografi che pubblicano le loro foto, anche se non giornalisti o pubblicisti o praticanti, sono tenuti al rispetto del Codice di deontologia e più in generale al rispetto della privacy così come sancito dal Dlgs. n.196/2003.

V) Fotografia di minori.
La pubblicazione di una fotografia di un minore, in quanto dato personale atto a identificarlo immediatamente, è espressamente proibita dall’art. 13 del Dpr n. 488/1988, dall’articolo 114 (punto 6) del Cpp nonché dalla Carta dei doveri del giornalista del luglio 1993, dal Codice di deontologia della privacy (di cui all’art. 7 comma 3: Il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca…omissis…il giornalista…dovrà farsi carico della responsabilità di valutare se la pubblicazione sia davvero nell’interesse oggettivo del minore) e dalla “Carta di Treviso” (I e II). Contrasta con i doveri imposti dall’articolo 2 della legge professionale, mentre l’articolo 16 della Convenzione Onu del 1989 sui diritti del bambino (Convenzione recepita nella legge n. 176/1991 e nel vigente Cnlg) vieta interferenze arbitrarie o illegali nella vita dei fanciulli. Il nuovo Testo unico per la protezione dei dati personali all’articolo 50 enuncia: il divieto di pubblicazione e divulgazione con qualsiasi mezzo, di notizie o immagini idonee a consentire l’identificazione di un minore, si osserva anche in caso di coinvolgimento a qualunque titolo del minore in procedimenti giudiziari in materie diverse da quella penale.
In sostanza il diritto di cronaca non abbraccia, in alcun modo, la pubblicazione di notizie e immagini idonee a consentire l’identificazione di un minore.
Attenzione: non è sempre valida l’autorizzazione di chi esercita la patria podestà. In merito alla pubblicazione di un fatto di cronaca di molestie sessuali su minore, il Garante della privacy, nella newsletter n. 104/2001, ha sentenziato: “per quanto ci si trovi di fronte ad un caso nel quale era lo stesso genitore a rendere noti i fatti, la particolare vicenda avrebbe richiesto una specifica cautela da parte del giornalista e una sua autonoma valutazione circa gli effetti che la diffusione di quelle notizie avrebbe potuto determinare sulla minore. E questo specialmente in ragione della delicatezza della situazione in cui era coinvolta la minore, venendo in considerazione presunte molestie sessuali all’interno della famiglia”. Solo il giudice può autorizzare la pubblicazione della foto di un minore sequestrato o scomparso, quando in questi casi prevale “la necessità di giustizia o di polizia”.

VI) Altre violazioni alla privacy.

Punita la pubblicazione, da parte del settimanale Eva Express 3000, di foto fatte a un’attrice cinematografica mentre prendeva il sole nella piscina della sua villa in quanto costituisce interferenza illecita nella sua vita privata (Trib. civ. di Milano, sentenza n. 12703 del 23/11/2000). A riguardo il Codice di deontologia all’art. 3: La tutela del domicilio e degli altri luoghi di privata dimora si estende ai luoghi di cura, detenzione o riabilitazione, nel rispetto delle norme di legge e dell’uso corretto di tecniche invasive.
Dello stesso avviso una sentenza molto datata dei supremi giudici: “È illecita la pubblicazione per fine di lucro di un servizio fotografico su aspetti intimi di persona nota, anche se la pubblicazione non rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona stessa, in quanto tale pubblicazione non è giustificata da un effettivo interesse sociale all’informazione, … che non può identificarsi nella morbosa curiosità che parte del pubblico ha per le vicende piccanti o scandalose svoltesi nella intimità della casa … Nei confronti di persone note il diritto di cronaca deve ritenersi circoscritto dai limiti che l’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale ha elaborato: 1) verità del fatto esposto; 2) rispondenza ad un interesse sociale all’informazione; 3) rispetto della riservatezza ed onorabilità” (Cass. 27/05/1975, n. 2129).

Didascalie. Non viola la privacy e non contravviene al Codice deontologico chi pubblica le fotografie di un personaggio famoso o riproduce fatti che si sono svolti in un luogo pubblico. Va posta però attenzione alle didascalie che possono ledere il decoro, l’onore e la reputazione delle persone. (Newsletter Garante, 5-11 febbraio 2001).

VII) A noi fotogiornalisti, chi ci aiuta?
Nella legge sull’ordinamento della professione giornalistica (n. 69/1963) l’articolo 2 afferma: È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d’informazione e di critica.
L’articolo 21 della Costituzione: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Il Testo unico per la protezione dei dati personali Dlgs. 196/2003, così come la precedente legge sulla privacy 675/96, non ha annullato la legge n. 633/1941 sul diritto d’autore che all’articolo 97 afferma: Non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Sul risvolto di tale norma si suole articolare l’ampiezza del diritto di cronaca: si può pubblicare tutto ciò che è collegato a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.
Il diritto di cronaca è stato definito dalla Cass. pen. sez. V, sentenza n. 1473 del 10/12/97, in questi termini: “In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca può essere esercitato, quando ne possa derivare lesione all’altrui reputazione, prestigio o decoro, soltanto qualora vengano dal cronista rispettate le seguenti condizioni: a) che la notizia pubblicata sia vera; b) che esista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti riferiti in relazione alla loro attualità ed utilità sociale; c) che l’informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obbiettività. Il diritto di cronaca non esime di per sè dal rispetto dell’altrui reputazione e riservatezza, ma giustifica intromissioni nella sfera privata dei cittadini solo quando possano contribuire alla formazione della pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti per la collettività”. La Corte ha precisato anche: “…non è certo la semplice curiosità del pubblico a poter giustificare la diffusione di notizie sulla vita privata altrui, perché è necessario che tali notizie rivestano oggettivamente interesse per la collettività”.
La Cassazione terza sez. civ., sentenza n. 5658 del 9/06/98, ha affermato che il diritto di cronaca prevale sulla privacy se i fatti sono veri, di interesse pubblico e se sono esposti in forma civile e corretta.
Il Dlgs n.196/2003, per quello che concerne l’attività giornalistica, all’art 137 (III comma) enuncia: restano fermi i limiti del diritto di cronaca…in particolare, quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Possono essere trattati i dati personali relativi a circostanze o fatti resi noti direttamente dagli interessati o attraverso loro comportamenti in pubblico.
Anche il Codice di deontologia parla di notizie utili per la collettività. L’art. 6: La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti. La sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica. Commenti e opinioni del giornalista appartengono alla libertà di informazione nonché alla libertà di parola e di pensiero costituzionalmente garantita a tutti.

VIII) Qualche colpo di fortuna.
L’art. 6 appena esposto è stato ampiamente difeso dalla I sez. civ. del Trib. di Roma (sentenza n. 2231/02) che, rigettando la domanda di risarcimento presentata da una coppia, l’uomo è un ex brigatista rosso condannato per omicidio, in merito alla pubblicazione delle foto del loro matrimonio al quale era presente il Sen. Cossiga, afferma: “la divulgazione della foto, non appare come diretta a compiacere alla richiesta di pettegole curiosità, quanto alla più completa informazione di un episodio di notevole interesse della collettività, per le sue serie implicazioni religiose, etiche e politico-sociali, anche al confronto con i sentimenti di sofferenza e giustificata perplessità manifestati dalla vedova della vittima. La tutelabilità del diritto all’immagine degli sposi, doveva arrestarsi e cedere al prevalente interesse alla completezza dell’informazione su di un episodio di rilevante ed articolata valenza pubblica. Essa (l’informazione) sarebbe rimasta incompleta se amputata di quelle particolari fotografie”.
In una sentenza del Trib. di Roma del 13 febbraio 1992, vengono definiti i termini di privacy di chi ha intrapreso una vita pubblica: “Chi ha scelto la notorietà come dimensione esistenziale del proprio agire, si presume abbia rinunciato a quella parte del proprio diritto alla riservatezza direttamente correlata alla sua dimensione pubblica”.
Anche la condotta di un magistrato è stata oggetto di una sentenza della Cassazione del 23 aprile 1986: “… la conoscenza di comportamenti tenuti in privato (…) può rivestire il carattere della utilità sociale qualora i comportamenti stessi siano idonei a valere come indice di valutazione rispetto all’esercizio della funzione esplicata dal soggetto medesimo”.
Nel libro Diritto Informazione, della collana Studiare da giornalista, l’avv. Corso Bovio, scrive: “Nel caso di foto emblematiche, una qualunque scolaresca, giardini pubblici, competizioni sportive, locali, ristoranti ecc., anche se si tratta di minori, a condizione che siano ripresi in luoghi pubblici o aperti al pubblico, se la notizia è neutra o edificante la foto è pubblicabile”.

IX) Salvagente per fotogiornalisti.
A questo punto dell’esposizione su privacy e fotografia, ecco forse la ricetta per tutti i fotogiornalisti estrapolata dalla sentenza n. 24 del 29/03/03 emessa dal Trib.di Biella:“…l’informazione fotografica ha rivelato ingiustificatamente l’identità dell’attore, atteso che non sussiste alcun valido motivo giornalistico (in ragione di essenzialità della notizia rispetto al pubblico interesse) per portare a conoscenza il ritratto di un qualunque cittadino che effettua un test relativo al suo possibile stato di ebbrezza. L’offuscamento dei dati del volto del soggetto interessato avrebbe senz’altro contemperato in modo proporzionato le esigenze sottese dagli interessi in gioco, consentendo la legittima diffusione della notizia senza ledere illecitamente il diritto alla riservatezza protetto dall’ordinamento”.
Da questa sentenza si deduce che il modo più sbrigativo, per informare e non finire in tribunale, è la… pecetta.

X) Conclusione.
L’immagine fotografica testimonia la veridicità di un accadimento al lettore, spesso attraverso espressioni umane come terrore, felicità, angoscia. Utilizzare la pecetta costituisce una sottrazione di informazioni, oltre che annullare il messaggio informativo che il fotogiornalista si proponeva raccontando il particolare stato d’animo collegato ad un fatto. È per il fotogiornalista fondamentale trovare un modo sicuro di operare a tutela della privacy a cui ogni cittadino ha diritto ma a tutela di quella libertà di informazione a cui sempre lui, il cittadino, ha diritto. Specialmente a riguardo di chi svolge un’inchiesta generica su fenomeni più o meno rilevanti del vivere comune. L’inchiesta potrebbe richiedere anche anni (il sottoscritto ne conduce una personale, con pesanti impedimenti, dal 1994), e in questo caso il diritto di cronaca, così come precedentemente illustrato, potrebbe veder cadere alcuni suoi fondamenti (attualità e utilità sociale) oltre che, in alcuni casi, veder comparire un ulteriore impedimento alla pubblicazione che è il diritto all’oblio, cioé la possibilità di vedere il proprio (quello del fotografato) passato cancellato, e non più esibito, in quanto si è pagato il conto con la giustizia o con la propria coscienza o chi per essa.
L’inchiesta poi, quando trattasi di approfondimenti su problematiche sociali, come disagio degli anziani, mondo giovanile, ecc., ha bisogno di presenze umane che non sono legati a un fatto di cronaca ma rappresentano una pluralità di eventi sociali utili per formare un’opinione.
In attesa che il gruppo di lavoro citato all’inizio, analizzando questi anni di privacy, sappia indicare ai fotogiornalisti come operare in sicurezza, contrariamente a tutto ciò che è stato esposto, termino questo escursus con un estratto dal prestigioso Manuale pratico per fare informazione di Harris – Spark, 1993:
“Che cosa fa di un’illustrazione una buona notizia? È necessario che essa afferri l’essenzialità della notizia. Deve esserci della gente nella fotografia, e la gente, se possibile, dovrebbe rappresentare l’attrazione maggiore. Se anche così non fosse, avrete comunque bisogno di gente per dar vita e concretezza alla fotografia. Gli oggetti inanimati – edifici, depositi di combustibili, pezzi di museo – normalmente impoveriscono le illustrazioni giornalistiche, riducendo la loro specifica identità. L’umanità che rende meglio nelle fotografie sono i bambini, perché possono fare affidamento su una spontanea naturalezza. In un’efficace illustrazione, la gente dovrebbe apparire così com’è nella vita…”