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Introduzione alla fotografia di food
a cura di Fabio Tommasi

Fabio Tommasi, fotografo nel settore editoriale e della pubblicità, suggerisce qualche dritta per introdursi alla fotografia di food: come scegliere l'inquadratura, il punto di messa a fuoco, o una corretta esposizione.

[Articolo pubblicato il: 21/10/2008]


Introduzione
Questo breve testo non è un trattato professionale, ma vuole illustrare le nozioni di base che un amante della cucina e della fotografia, può applicare nella realizzazione di immagini fotografiche più efficaci ed interessanti di cibi e bevande.

Scegliere l’inquadratura
La prima operazione, da pianificare in anticipo, è la realizzazione del set di ripresa, è infatti importante poter scattare immediatamente dopo che lo chef ha completato il piatto per non lasciar degradare i cibi.
Si tratta quindi di scegliere uno spazio adatto alle necessità di ripresa e consono al tipo di pietanza da fotografare e all’atmosfera che si vuole ricreare, procurandosi eventualmente tutti gli accessori della tavola necessari alla messa in scena.
Nel contempo è possibile scegliere tra un’inquadratura ampia ed un close-up, scelta giustificata dalla necessità di mostrare o meno il contesto nel quale viene presentato il piatto.
Se la scenografia in tavola è di notevole importanza si potrà scegliere una inquadratura che comprenda le stoviglie ed altri piatti; se il nostro soggetto ha una presentazione ad elementi minuti, oppure dettagli molto piccoli, sarà da prefereire una ripresa ravvicinata.
Fotocamere compatte o reflex, dotate di zoom, permettono facilmente di visualizzare l’una o l’altra soluzione prima dello scatto finale.
Nel caso di ripresa a distanza ravvicinata, per scongiurare il rischio di realizzare immagini fuori fuoco, è talvolta possibile selezionare la funzione “Close-up” o “Macro”.

Scegliere il punto di messa a fuoco
Nelle fotocamere tradizionali reflex è possibile scegliere con molta precisione il punto (nella realtà un piano) rispetto al quale effettuare la messa a fuoco.
Solitamente questo punto coincide con l’elemento più importante del nostro soggetto, come dire la guarnizione di un piatto o una sua porzione caratteristica.
Con le fotocamere compatte dotate di autofocus è possibile la medesima operazione: mettendo al centro dell’inquadratura il punto scelto e premendo a metà corsa il pulsante di scatto si effettua la messa a fuoco, mantenendo premuto a metà corsa il pulsante di scatto si ricompone l’inquadraura ed è possibile quindi effettuare la ripresa mantenendo inalterato il punto di messa a fuoco scelto.
In questa operazione è fondamentale cercare di piegare gli automatismi della fotocamera alle necessità di ripresa, per ottenere che il soggetto scelto sia a fuoco come si desidera.

Sfuocato creativo
Non sempre è necessario che l’intera immagine sia completamente nitida, è utile sfruttare lo sfuocato per mettere in risalto alcuni elementi rispetto agli altri: con le fotocamere tradizionali è possibile aumentare o diminuire la zona che si percepisce come nitida, rispettivamente chiudendo o aprendo il diaframma.
Con le compatte solitamente ciò non è possibile, a causa della tipologia degli obiettivi utilizzati e nel caso delle digitali anche a causa delle ridotte dimensioni del sensore; ma se tra le funzioni trovate un programma “ritratti” o “portraits”, forse avete ciò che vi occorre per mettere a fuoco solo ciò che interessa e sfuocando il resto.
Questi automatismi infatti nascono con l’intento di isolare la figura rispetto all’ambiente circostante, sfuocando lo sfondo e mettendola in risalto all’interno dell’inquadratura.
Chiaramente diventa difficile utilizzare tali automatismi nelle riprese ravvicinate, non essendo questo l’uso per il quale sono stati pensati.

La scelta della corretta esposizione
Nella fotografia di “food” una immagine troppo scura (sottoesposta) non renderà giustizia al lavoro dello chef, poichè certe tonalità non si adattano a sensazioni gradevoli; ma una immagine eccessivamente chiara (sovraesposta) farà scomparire i dettagli dell’immagine.
E’ preferibile dunque una moderata sovraesposizione, ovvero un’immagine che possa esprimere un’idea di pulizia e luminosa leggerezza.
Questa regola non è valida per le bevande alcooliche, che solitamente vengono fotografate leggermente sottoesposte per connotare con forza un’atmosfera e per far risultare più calda la trasparenza del liquido.
Con i metodi di esposizione “program” normalmente un soggetto chiaro o posto su sfondo chiaro viene riprodotto più scuro di come appare in realtà (es.: piatto su tovaglia), mentre un soggetto scuro o posto su uno sfondo scuro verrà riprodotto leggermente più chiaro (es.: salame su tagliere).
Con una fotocamera digitale è solitamente possibile impostare una correzione dei parametri di ripresa (tempo e diaframma) in base a quanto visualizzato dal monitor; con le più semplici è solitamente possibile starare il sistema di misura dell’esposizione dal “menu” fino ad ottenere il risultato desiderato.
Nelle fotocamere a pellicola, invece, ci si deve affidare alle esperienze di ripresa, verificando i risultati dopo lo sviluppo del film.
Utilizzando pellicola negativa e sovraesponendo leggermente (1/2 stop) è sempre possibile ottenere risultati invidiabili nella successiva fase di stampa.
Con le più semplici, dotate del solo automatismo dell’esposizione, è necessario ingannare l’esposimetro dell’apparecchio.
Una soluzione è quella di impostare, ove possibile, una sensibilità più bassa di quanto non sia realmente la pellicola utilizzata, ad esempio ISO 160 con pellicola ISO 200.

Elementi di composizione
Non sempre il soggetto posto al centro dell’inquadratura viene valorizzato al massimo, come una inquadratura perfettamente verticale o orizzontale spesso sminuisce un soggetto privo di forme rigorose.
Alcune regole di composizione sono codificate in fotografia come nelle arti figurative e si possono ricondurre alla identificazione di alcuni “punti di forza” all’interno di una immagine.
Se dividiamo i lati di una fotografia in tre parti, otteniamo uno schema nel quale possiamo riconoscere quattro punti, identificati dall’intersezione dei terzi così ottenuti.
In quei punti, la psicologia della percezione visiva, ci fa riconoscere come rilevanti, rispetto agli altri, gli elementi che vi si posizionano.
Ugualmente la disposizione su di un’asse diagonale del soggetto fotografato, ne suggerisce il dinamismo.
Anche la linea dell’orizzonte visivo, ad esempio il piano di lavoro della cucina, se posizionato lungo uno dei terzi che dividono l’immagine, contribuisce a migliorare l’immagine finale.
Il colore della luce
La luce naturale e quelle artificiali non sono equivalenti, nelle varie tipologie variano infatti sia l’intensità che il “colore” della luce.
Anche nell’immaginario comune è facile ricondurre la luce di una candela al rosso, la luce dei neon ad un colore verde, la luce del sole al tramonto all’arancio e l’illuminazione di mezzodì sulla neve al blu.
Tutte le fotocamere moderne sono in grado di misurare la quantità di luce riflessa dal soggetto inquadrato e di regolare conseguentemente i parametri di ripresa.
Il controllo delle differenti caratteristiche cromatiche delle luci però introduce alcune difficoltà.
Le fotocamere digitali permettono di scegliere il bilanciamento del bianco tramite preset impostabili da menu.
La scelta avverrà in base all’illuminazione della scena, riferendosi all’immagine visualizzata dal monitor.
Utilizzando fotocamere a pellicola, invece, ci si deve affidare alla scelta della pellicola: tra “daylight” tarata per luce flash e naturale e “tungsten” tarata per luci ad incandescenza; oppure all’uso di filtri colorati.

L’atmosfera di una immagine
Per rendere ancora più gradevole un’ immagine di food è necessario riuscire a dare un valore aggiunto di tipo creativo alla realizzazione tecnica della fotografia.
La messa in scena della tavola, la disposizione delle pietanze nei diversi contenitori, la scelta degli accesori adeguati e la decorazione dei cibi, sono parte di un complesso di operazioni che riguarda anche la scelta del tipo di illuminazione.
Le sensazioni che riconosciamo guardando un piatto sono diverse e possono essere raccontate da condizioni diverse di luce: una luce “calda” (tendente al giallo-arancio, come quella generata da un camino, da una candela o da lampadine a filamento) si può associare ai piatti caldi della cucina invernale, ad un tagliere di salumi o prodotti da forno; una luce “fredda” (tendente all’azzurro, come la luce dei flash o quella di una giornata nuvolosa) può essere legata alla presentazione di gelati, insalate o pietanze da servire fredde.
Difficile utilizzare la luce verde dei neon, tale fonte di illuminazione se utilizzato ad esempio su di una carne ci riconduce immediatamente a sensazioni poco piacevoli.

Tecniche di illuminazione 1
Prendiamo in considerazione la necessità di illuminare un piatto senza l’aiuto di sistemi di illuminazione professionali, anche un paio di lampadine tradizionali opaline possono aiutarci, ma la soluzione migliore è forse quella di utilizzare la luce naturale.
La luce di una bella giornata di sole filtrata da una tenda bianca è già di per sé di grande effetto, se aggiungiamo le luci della stanza avremo una situazione difficile da gestire…(!)
Lavoriamo quindi con una luce per volta, verificando quando possibile gli effetti nel mirino o meglio nel monitor, aggiungendo solo se necessario una seconda fonte di illuminazione.
Controlliamo gli effetti che vogliamo ottenere, inutile abbinare la luce di un camino e un gelato,

Tecniche di illuminazione 2
La luce proveniente da una finestra può essere già una fonte preziosa di luce, si può pensare di utilizzarla come illuminazione principale di un piatto lasciando agli automatismi della fotocamera il compito di bilanciare l’illuminazione, magari con un colpetto di flash.
Questa soluzione risolve il problema delle ombre che la luce naturale genera sui soggetti tridimensionali, al flash spetta il compito di “riempire” queste ombre e rendere leggibile ogni dettaglio del soggetto.
I flash di alcune fotocamere possiedono una funzione chiamata “fill-in” che risolve egregiamente questa situazione; chiaramente bisognerà attenersi alle capacità del flash senza pretendere che questi possa lavorare bene a distanze eccessive o troppo ravvicinate e senza aspettarsi che, in condizioni di luce ambiente scarsa, questi possa fare miracoli.
Un uso estremo di questa tecnica è quello in cui il soggetto è posto in controluce, il flash potrà bilanciare tale condizione rendendo leggibili tutti I dettagli in ombra.
Con luce laterale possiamo anche decidere di non utilizzare il flash per schiarire le ombre, ma utilizzare invece un pannello riflettente.
Contrapponendo alla luce principale un pannello realizzato con un cartoncino bianco, badando di tenerlo al di fuori dell’area inquadrata, si può riuscire a schiarire le ombre senza modificare la qualità della luce.
Per un effetto più marcato si possono utilizare vassoi di cartoncino rivestiti di carta stagnola (tonalità fredda), oppure vassoi da pasticceria color oro (tonalità calda).

Tecniche speciali di ripresa
Caso per caso è necessario scegliere la luce migliore per ogni soggetto, ad esempio: soggetti traslucidi come I vini o le gelatine possono essere fotografati in controluce allo scopo di esaltarne il colore in trasparenza, torte di frutta e crostate possono essere inquadrate dall’alto con luce radente riuscendo così ad evidenziarne le decorazioni e il disegno, pietanze da servire molto calde possono essere riprese su sfondo scuro e con luce laterale per evidenziarne I fumi e renderle più interessanti.
Si tratta, in sostanza, di non accontentarsi della prima immagine che appare nel mirino, ma di girare intorno al soggetto, ruotarlo se necessario, corredarlo di quanto necessario ed illuminarlo con pazienza fino ad ottenere la fotografia che cercavamo.
Alcuni fotografi di food, spesso affiancati da quella figura professionale che è l’Home Economist, preparano i piatti in modo da renderli “fotograficamente” ancora più appetibili, il risultato è talvolta quello di renderli molto belli ma del tutto immangiabili...(!)
Alcune tecniche riguardano ad esempio la pasta, che in fotografia appare ben più gialla di come sarebbe in realtà, basta dello zafferano in poca acqua di cottura per colorarla quel tanto che necessita; se la frutta tende ad annerirsi, una volta tagliata è sufficiente trattarla con acqua e limone; le patate, raramente sono portate a fine cottura; il perlage dei vini è sovente rinvigorito con pochi granelli di zucchero; con le gelatine alimentari, trasparenti o colorate, è possibile ravvivare le carni e la frutta.
Chi cucina sa come sfruttare la propria fantasia nella realizzazione di simili artifici, meglio ancora se è capace di non sacrificare la qualità del piatto.

Fabio Tommasi - Istituto Italiano di Fotografia - Milano
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