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Gli Alinari e la rappresentazione del paesaggio
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Autore: Irene Graziano - Università IUAV di Venezia - [2000-01]

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Abstract
Argomento di questa tesi è la fotografia di paesaggio della Ditta Alinari, che operò nel corso della seconda metà dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento. Accanto all’attività dell’Atelier Alinari vengono indagati, all’interno di questo lavoro, anche i cambiamenti avvenuti nel corso di centosessanta anni di storia della fotografia nell’ambito della rappresentazione del paesaggio.
È stata dunque analizzata la produzione fotografica che si è sviluppata, in Italia e nel mondo, parallelamente all’istituzione del Grand Tour: vedute di luoghi naturali o di singoli monumenti e panoramiche di città che hanno contribuito ad amplificare all’estero la fama di luoghi resi famosi attraverso i diari di viaggio di scrittori e letterati del Seicento e del Settecento. Un patrimonio iconografico che ci restituisce, a distanza di un secolo, un’Italia che non esiste più. Accanto alla fotografia di cartolina e al souvenir di viaggio, si sviluppò, sempre in ambito europeo, ma anche americano, un altro modo di intendere la fotografia, che portò alla realizzazione di importanti campagne fotografiche di rilevamento del territorio. Fin dalla sua nascita la fotografia è stata ritenuta, infatti, un infallibile ed oggettivo mezzo di rappresentazione della realtà e riproduzione della stessa, sottovalutando la componente soggettiva data dall’intervento del fotografo. Nel corso dell’Ottocento, dunque, vennero promosse numerose campagne fotografiche sia in Europa che in America, con l’intento di rappresentare e promuovere un determinato territorio, o di rilevare i monumenti di uno stato per una loro futura ristrutturazione, o con altre e molteplici motivazioni. Nel novecento, poi, si assistette a un cambiamento nell’atteggiamento da parte della committenza: venne lasciato più spazio alla creatività e alla libera interpretazione del fotografo. Sono un esempio di questo rinnovato modo di intendere l'operato del fotografo campagne come quella promossa dalla Farm Security Administration o la Mission Photographique de la Datar, o, in territorio italiano, Viaggio in Italia e Venezia, Osservatorio Marghera. Dopo aver analizzato i due casi della fotografia del Grand Tour e delle Campagne fotografiche, si è voluto esaminare lo sviluppo delle tendenze della fotografia di paesaggio nel continente americano. L’America ha sempre avuto una grande tradizione nel campo della rappresentazione del paesaggio: i pionieri che intorno alla metà dell’Ottocento seguirono le spedizioni dirette all’Ovest, realizzarono immagini epiche, sia per la bellezza dei luoghi ritratti – che divennero, grazie a quelle immagini, famosi in tutto il mondo – sia per le difficoltà affrontate nella realizzazione delle stesse. A partire da quelle prime immagini, il paesaggio americano divenne protagonista di una buona parte della produzione fotografica americana, grazie all’opera di fotografi come Ansel Adams, Edward Weston, Minor White, per arrivare poi al gruppo dei Nuovi Topografi, e al loro sguardo del tutto rinnovato rispetto ai fotografi paesaggisti, loro predecessori.
In questa parte iniziale della tesi, quindi, si è voluto dimostrare come la fotografia di paesaggio sia profondamente mutata nel corso di un secolo e mezzo, parallelamente alle trasformazioni subite dal paesaggio. Nel corso degli ultimi due secoli, infatti, il paesaggio che ci circonda ha subito tante e tali modificazioni da rendere sempre più impellente il bisogno di testimoniare questi cambiamenti, nell’utopistica illusione di poter fermare il tempo e “congelare” la realtà attraverso le immagini. I fotografi sono stati così investiti dell’autorità di “testimoni” di quel che è andato perduto e di ciò che continuamente viene trasformato. Si è cercato, attraverso il mezzo fotografico, di creare una memoria iconografica collettiva, di costruire un patrimonio di conoscenze delle varie “tappe” della modificazione del paesaggio, confidando – erroneamente – nella veridicità della fotografia e nel suo valore testimoniale.
Questo atteggiamento nei confronti della fotografia, anche se da un lato ha avuto come conseguenza la realizzazione di importanti campagne fotografiche che sono divenute pietre miliari della storia della fotografia, dall’altro ha dato vita ad un fraintendimento secolare del mezzo fotografico e delle sue potenzialità. Senza addentrarmi nel dibattito senza fine sulla fotografia come espressione artistica o mezzo scientifico, mi sembra giusto però sottolineare il fatto che la fotografia è un mezzo per interpretare la realtà e non uno strumento di fedele riproduzione della stessa.

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